Renato
si era ispirato ad una vicenda sportiva realmente accaduta e l’aveva
usata per inserirvi della vicende umane inventate. Nel 1944 l’Italia era
divisa in due dalla linea Gotica: al Sud gli Alleati ed al nord la
Repubblica di Salò e i Tedeschi. In questa drammatica situazione fatta
di morte, fame, deportazioni e bombardamenti si era disputato, al posto
del consueto campionato di calcio nazionale, un campionato di guerra
Alta Italia che era stato vinto dalla squadra dei Vigili del Fuoco di La
Spezia. Fra l’altro la finale era stata disputata contro il Torino che,
in quel periodo, vantava probabilmente la squadra più forte del mondo.
In questa cornice Renato aveva inserito le storie del signor Tino, di
sua moglie e di altri personaggi immaginari, riuscendo in pochi tratti e
delineare delle figure “vere”, dotate di quell’autonomia che, in
letteratura, hanno soltanto i personaggi ben riusciti. La scoperta di
questo universo umano da parte del narratore, che poi è il giovane
Renato, avviene quasi per caso, andando a scavare sotto la superficie di
una realtà quotidiana apparentemente grigia e banale. E’ negli androni
bui, nei retrobottega, o per usare una metafora delle mie,
nell’inconscio, che si trovano i nostri più grandi tesori. Noi spesso li
si va a cercare nei saloni, nelle grandi accademie, nel grande circo
mediatico, nel muro delle chiacchiere insensate. Invece Renato comprende
che in certe penombre silenziose sono sempre racchiusi splendidi raggi
di luce. Questo lavoro che Renato, ed il suo alter-ego romanzesco,
compiono per la ricerca del significato al di là dell’insignificanza,
oltre che esplorazione di spazi oscuri e trascurati diventa riscoperta
di tempi passati e dimenticati. La riscoperta del passato che il giovane
protagonista compie, corrisponde in fondo a ciò che avviene in
psicoanalisi. Quando ci ritroviamo ad essere “interrotti” nelle nostre
relazioni con gli altri e con noi stessi, è soltanto ricollegandoci al
passato che riusciamo ad aprire un ponte verso il futuro, e quindi verso
la speranza. Estratto della prefazione al libro “Un calcio alla guerra” di Renato Cirelli, RES edizioni, Sarzana, 2002 |
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